Di fronte alla catastrofe elettorale del cartello Sinistra Arcobaleno, non è naturale che si assista allo spettacolo indecoroso che sta andando in scena. In un altro Paese i responsabili di un tale scempio sarebbero immediatamente scomparsi dalla scena politica.
In Italia e in Molise, invece, e particolarmente a sinistra, vige il curioso costume per cui nessuno è mai responsabile di nulla, la colpa è sempre di imprecisati “altri” e, quindi, dopo ogni catastrofe, ci si ripresenta sulla scena pubblica, al massimo con l’offerta di un capro espiatorio.
L’unico capro espiatorio della sinistra radicale italiana, di fatto è stato Fausto Bertinotti. Degli altri responsabili (Diliberto, Mussi e Pecoraro Scanio), invece, si sono perse le tracce. Siamo di fronte ad una pura operazione politica di riciclaggio, tesa a speculare sul comprensibile sgomento di migliaia di attivisti e militanti.
Facendo leva su questo sgomento, rispettabili compagni provenienti dal mondo del lavoro e della cultura, nei giorni scorsi, hanno lanciato un appello all’unità dei comunisti “ovunque collocati”, partendo dai militanti e dai dirigenti del PRC e del PdCI. Non passa che qualche ora dal lancio di quell’appello che arriva l’adesione della Segreteria del PdCI, cioè di uno dei gruppi dirigenti compromesso fino ai capelli nella catastrofe della sinistra parlamentare.
In un Paese normale, una tale adesione verrebbe immediatamente rispedita al mittente. Ma non siamo in un Paese normale, siamo nella terra del trasformismo, degli antifascisti che si rivelano tali solo dopo la certezza della vittoria della Resistenza. Siamo nel Paese, del resto, dove appare naturale che un signore che è stato un funzionario stipendiato per decenni dal più grande Partito Comunista occidentale dichiari candidamente di non essere mai stato comunista. Eppure, in quello che sta avvenendo in questi giorni, c’è qualcosa di esagerato anche per un Paese come l’Italia. Di fronte a quello che è successo negli ultimi anni, e di cui il voto del 13 aprile è stato conseguenza, il tentativo di addossare tutte le responsabilità al solo Bertinotti appare grottesco.
La sinistra e i “comunisti” sono stati puniti dall’elettorato, cioè dal popolo, semplicemente perché hanno tradito anche le sue aspettative più moderate. Il governo sostenuto dai “comunisti” ha portato le spese militari italiane al più alto livello dalla Seconda Guerra Mondiale; ha ritirato le truppe di occupazione dall’Iraq, ma solo perché lo aveva già deciso il governo uscente di centrodestra, e in compenso le ha aumentate, in numero e potenza degli armamenti, in Afghanistan; ha inviato un nuovo contingente in Libano, ha mantenuto ed implementato tutti gli accordi con Israele, a partire da quello per la cooperazione militare; ha mantenuto l’embargo genocida contro i Palestinesi di Gaza, colpevoli di resistere alla guerra di sterminio israeliana; ha scippato la liquidazione ai lavoratori, per regalarla alle manovre della speculazione finanziaria; ha prodotto una controriforma del welfare che Reagan e la Thatcher nemmeno si sognavano; ha confermato tutti i privilegi fiscali del Vaticano, a cominciare dall’esenzione dall’ICI; non ha prodotto un solo passo avanti sul terreno dei diritti civili, a partire dal mancato riconoscimento delle unioni di fatto; ha perseguitato i più deboli, come gli immigrati, non solo mantenendo la vergogna dei CPT, ma addirittura promulgando un decreto (quello originariamente detto “antiromeni”) che sembra scritto da Le Pen. Tutto questo è stato messo in atto dal Governo Prodi e nessuno dei partiti della sinistra “radicale” ha mai votato contro. Nessuno, nemmeno il PdCI.
Di fronte a questa evidenza, non ci sono appelli che tengano, se non si dice con chiarezza che si volta pagina e che, oltre al capro espiatorio, si escludano tutti i responsabili della catastrofe; non è possibile che ci siano gruppi dirigenti nazionali e locali, buoni per tutte le stagioni. Troppo facilmente ci si dimentica delle scelte strategiche compiute e, ancor di più, dei disastrosi risultati ottenuti.
In Italia e in Molise, invece, e particolarmente a sinistra, vige il curioso costume per cui nessuno è mai responsabile di nulla, la colpa è sempre di imprecisati “altri” e, quindi, dopo ogni catastrofe, ci si ripresenta sulla scena pubblica, al massimo con l’offerta di un capro espiatorio.
L’unico capro espiatorio della sinistra radicale italiana, di fatto è stato Fausto Bertinotti. Degli altri responsabili (Diliberto, Mussi e Pecoraro Scanio), invece, si sono perse le tracce. Siamo di fronte ad una pura operazione politica di riciclaggio, tesa a speculare sul comprensibile sgomento di migliaia di attivisti e militanti.
Facendo leva su questo sgomento, rispettabili compagni provenienti dal mondo del lavoro e della cultura, nei giorni scorsi, hanno lanciato un appello all’unità dei comunisti “ovunque collocati”, partendo dai militanti e dai dirigenti del PRC e del PdCI. Non passa che qualche ora dal lancio di quell’appello che arriva l’adesione della Segreteria del PdCI, cioè di uno dei gruppi dirigenti compromesso fino ai capelli nella catastrofe della sinistra parlamentare.
In un Paese normale, una tale adesione verrebbe immediatamente rispedita al mittente. Ma non siamo in un Paese normale, siamo nella terra del trasformismo, degli antifascisti che si rivelano tali solo dopo la certezza della vittoria della Resistenza. Siamo nel Paese, del resto, dove appare naturale che un signore che è stato un funzionario stipendiato per decenni dal più grande Partito Comunista occidentale dichiari candidamente di non essere mai stato comunista. Eppure, in quello che sta avvenendo in questi giorni, c’è qualcosa di esagerato anche per un Paese come l’Italia. Di fronte a quello che è successo negli ultimi anni, e di cui il voto del 13 aprile è stato conseguenza, il tentativo di addossare tutte le responsabilità al solo Bertinotti appare grottesco.
La sinistra e i “comunisti” sono stati puniti dall’elettorato, cioè dal popolo, semplicemente perché hanno tradito anche le sue aspettative più moderate. Il governo sostenuto dai “comunisti” ha portato le spese militari italiane al più alto livello dalla Seconda Guerra Mondiale; ha ritirato le truppe di occupazione dall’Iraq, ma solo perché lo aveva già deciso il governo uscente di centrodestra, e in compenso le ha aumentate, in numero e potenza degli armamenti, in Afghanistan; ha inviato un nuovo contingente in Libano, ha mantenuto ed implementato tutti gli accordi con Israele, a partire da quello per la cooperazione militare; ha mantenuto l’embargo genocida contro i Palestinesi di Gaza, colpevoli di resistere alla guerra di sterminio israeliana; ha scippato la liquidazione ai lavoratori, per regalarla alle manovre della speculazione finanziaria; ha prodotto una controriforma del welfare che Reagan e la Thatcher nemmeno si sognavano; ha confermato tutti i privilegi fiscali del Vaticano, a cominciare dall’esenzione dall’ICI; non ha prodotto un solo passo avanti sul terreno dei diritti civili, a partire dal mancato riconoscimento delle unioni di fatto; ha perseguitato i più deboli, come gli immigrati, non solo mantenendo la vergogna dei CPT, ma addirittura promulgando un decreto (quello originariamente detto “antiromeni”) che sembra scritto da Le Pen. Tutto questo è stato messo in atto dal Governo Prodi e nessuno dei partiti della sinistra “radicale” ha mai votato contro. Nessuno, nemmeno il PdCI.
Di fronte a questa evidenza, non ci sono appelli che tengano, se non si dice con chiarezza che si volta pagina e che, oltre al capro espiatorio, si escludano tutti i responsabili della catastrofe; non è possibile che ci siano gruppi dirigenti nazionali e locali, buoni per tutte le stagioni. Troppo facilmente ci si dimentica delle scelte strategiche compiute e, ancor di più, dei disastrosi risultati ottenuti.